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Rapporti tra la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131- bis c.p.) e continuazione tra reati: questione rimessa alle Sezioni Unite

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Cassazione penale sez. V – ordinanza n. 38174/2021

Con l’ordinanza in commento, la Sezione V della Corte di Cassazione rimette alle Sezioni Unite la
seguente questione di diritto: “se, ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità di cui
all’art. 131-bis cod. pen., sia di per sé ostativa la continuazione tra i reati».
Si ricorda, in premessa, che la ragione fondante dell’istitutoprevisto dall’art. 131 bis cod. pen.
è quella di perseguire obiettivi di ultima ratio della sanzione penale, se non addirittura di
proporzione tra il disvalore del fatto e la risposta sanzionatoria, attraverso l’espunzione dall’area
della punibilità di quei fatti che ne appaiano immeritevoli.
La non punibilità, secondo la nota sentenza Tushaj, deriva non già dall’inoffensività della condotta,
bensì dal riconoscimento di un grado minimo dell’entità dell’aggressione al bene giuridico protetto,
a fronte del quale il Legislatore ritiene non necessaria l’irrogazione della sanzione penale, ragion per
cui l’istituto si giustifica alla luce della riconosciuta graduabilità del reato in relazione al disvalore
dell’azione e dell’evento, nonché all’intensità della colpevolezza.
L’analisi strutturale dell’istituto permette di individuarne i presupposti applicativi, che devono
necessariamente sussistere congiuntamente: da un lato, la particolare tenuità dell’offesa, di natura
oggettiva e, dall’altro lato, la non abitualità del comportamento, di natura più soggettiva, inerente
all’autore. Le Sezioni unite Tushaj, in riferimento a quest’ultimo presupposto, hanno affermato che,
con l’espressione “più reati della stessa indole”, la norma va intesa nel senso che “il comportamento
è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno
due illeciti, oltre quello preso in esame”.
Si legge nell’ordinanza in esame che le Sezioni Unite già citate, con riferimento alle ulteriori ipotesi
di condotta abituale tipizzate dalla norma, hanno evidenziato che l’art. 131 bis cod. pen., nella parte
in cui indica quale causa ostativa la commissione di condotte abituali e reiterate, ha inteso
riferirsi alle ipotesi di reati abituali ed a quelli che prevedono la serialità quale elemento della
fattispecie, rispetto ai quali la ripetitività delle condotte, proprio perché è elemento costitutivo del
reato, consente di per sé di “configurare l’abitualità che esclude l’applicazione della disciplina,
senza che occorra verificare la presenza di distinti reati”. Non si sono tuttavia espresse con
particolare riferimento alla questione del reato continuato, rispetto alla quale si riscontrano, in
giurisprudenza, due opposti orientamenti.
Secondo un primo filone giurisprudenziale, l’applicazione della causa di non punibilità in
commento sarebbe preclusa non solo nel caso di pregresso accertamento in sede giudiziaria
dell’abitualità, ma anche con riferimento a condotte prese in considerazione nell’ambito di un
medesimo procedimento e, quindi, anche con riferimento ai reati avvinti dal vincolo della
continuazione.
In posizione opposta all’orientamento di cui innanzi, si pongono altre pronunce di legittimità
secondo le quali, invece, è sostenibile, sia pur a determinate condizioni, la compatibilità tra il reato
continuato ed il riconoscimento della particolare tenuità del fatto, sicché la causa di esclusione della
punibilità per particolare tenuità del fatto può essere dichiarata anche in presenza di più reati legati
dal vincolo della continuazione, purché non espressivi di una tendenza o inclinazione al crimine.
Alla luce del citato contrasto, meglio articolato nell’ordinanza in commento, la Sezione V della
Corte di Cassazione rimette la soluzione del contrasto alle Sezioni Unite, precisando altresì che “la soluzione di tale questione include, eventualmente, anche quella subordinata concernente le
condizioni alle quali possa ritenersi operante la particolare tenuità del fatto in presenza del reato
continuato, nel caso in cui non si reputi in sé ostativo tale reato all’applicazione della causa di non
punibilità ex art. 131 bis cod. pen.”.

 

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